20 anni di De Laurentiis: Abbbasso Aurelio, viva Aurelio

Aurelio De Laurentiis

Accadde oggi. Il 10 settembre 2004 il proprietario della Filmauro divenne il padrone della Società sportiva calcio Napoli

La storia è nota. La Ssc Napoli, travolta dai debiti, a un passo dal baratro, dopo gli anni fausti e vincenti di Diego Armando Maradona e quelli, meno iconografici e sempre con un piede e mezzo nel precipizio del fallimento, dell’ultimo Corrado Ferlaino e del duo Corbelli-Naldi, nella torrida – non solo meteorologicamente – estate del 2004, dopo la comparsata farsesca dell’allora proprietario del Perugia Luciano Gaucci, trovò la propria salvezza e terra promessa in un romano che, fino ad allora, stava al calcio come i cavoli a merenda, avendo mangiato pane e cinematografo fin da quando aveva ancora i calzoni corti: Aurelio De Laurentiis. Una fidejussione bancaria, un cambio di denominazione da Ssc Napoli a Napoli Soccer, la promessa che la squadra sarebbe ripartita dall’allora Serie C1 ed ecco che l’attuale padre-padrone della società azzurra, il 10 settembre di venti anni fa, deposita i documenti necessari per arrestare la fino ad allora inarrestabile – ci si passi il gioco di parole – discesa agli inferi della ripartenza dai dilettanti della gloriosa squadra fondata da Giorgio Ascarelli nell’agosto del 1926. La narrazione ufficiale di quello che accadde immediatamente dopo – reiterata anche in queste ore a tv e giornali da ex calciatori e dirigenti azzurri dell’epoca -, vuole che il re-taumaturgo trovasse una condizione che definire pietosa è voler usare un eufemismo: addirittura i palloni da calcio e le magliette per allenarsi dovettero raccattarsi qua e là in rivendite di fortuna per consentire al fu Napoli Calcio di continuare a militare nel professionismo in attesa di giorni migliori che, sempre il cine-imbonitore prometteva ad increduli e miscredenti sarebbero arrivati in meno anni di quelli in cui “El D10S” del calcio moderno vestì la maglia azzurra numero 10.

Dalla C allo Scudetto passando per 15 anni di seguito in Europa

La cavalcata fu pressoché trionfale, pur se con qualche battuta a vuoto come le gestioni dei commissari tecnici della Nazionale italiana Gian Piero Ventura e Roberto Donadoni. In appena un lustro il Napoli, dimentico dello spavento presosi con il rischio concreto del fallimento, scalò posizioni e categorie arrivando dalla terza serie professionistica all’Europa con le grandi orecchie. Presenza, quella europea, divenuta un abitudine per la società di De Laurentiis: ai tempi del Mazzarri I osannato da tifosi, addetti ai lavori e stampa, specializzata e non, per poi essere abbandonato pressoché totalmente dalle prime due categorie e rimanere col solo consenso, anche questo non più quello di una volta, di un manipolo di giornalisti-militanti votati alla causa del “O Aurelio o muerte!”. Quindici anni di qualificazioni europee ininterrotte – record assoluto per una squadra italiana negli anni Duemila -, fino all’ingloriosa stagione – quella appena passata – dello scudetto – vinto l’anno precedente – disonorato e perso con vergogna o, come si dice dalle parti di Napoli, scuorno assoluto classificandosi al decimo posto o giù di lì.

Il bilancio?

Premesso che a tracciar bilanci, propri o altrui, si finisce sempre a dichiarare fallimento – quello che Aurelio evitò alla fu Ssc Napoli 20 anni fa -, sommariamente la fin qui vicenda napoletana di De Laurentiis può racchiudersi in un rimpianto e un trionfo: entrambi facilmente prevedibili pur non avendo le capacità divinatorie di un Mago Otelma o un Mago di Arcella. Partendo dalla seconda che hai scritto, l’epica gesta è quella del terzo tricolore vinto dalla truppa spallettiana a 33 anni dall’ultima affermazione azzurra in Serie A; il rammarico – vivo -, dolore – forte -, dispiacere -immenso – è invece, ne siamo convinti al centouno per cento, quello dello scudetto “perso in albergo” nell’ultimo anno di Maurizio Sarri dopo la partita Inter-Juventus e l’arbitraggio di Orsato che sono lì ancora a gridare vendetta.

Il passato racconta, a nostro modesto modo di vedere, questo e molto molto altro di più che, parafrasando un celebre brano di Julio Iglesias, in un solo articolo non ci può stare. Il presente, invece, è Antonio Conte, Gabriele Oriali ed una, forse, già pensata, preparata, pianificata uscita di scena che, convinti di non commettere reato di lesa maestà, intravvediamo in un futuro prossimo venturo. In attesa che ciò avvenga, al momento il refrain è sempre lo stesso da venti anni a questa parte: Abbasso il Re (Aurelio)! Viva il Re (De Laurentiis)!

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