Roberto De Simone GdF
Roberto De Simone

Roberto De Simone, condannato a 7 anni in primo grado nel “White Fruit”, apparteneva a quella Sezione Navale della GdF di Gaeta alla quale l’ex commissario prefettizio di Formia destinò parte dei beni confiscati alla famiglia Bardellino

Roberto De Simone, classe 1951, alias “Roberto o finanziere”, alias “Monciccì”, alias “El Chapo”: professione appuntato, molto poco inappuntabile, della Guardia di Finanza – Sezione Navale – di Gaeta ma, nei fatti, prima pusher e poi sodale di altri in un associazione a delinquere dedita al possesso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti nel Sud Pontino, in particolare nell’ex Perla del Tirreno. È stato condannato nello scorso mese di aprile – con motivazioni pubblicate ai primi di ottobre 2024 – a una pena di anni 7 di reclusione – l’accusa ne aveva chiesti 12 – in primo grado nel processo denominato “White-Fruit”: iniziato nel febbraio 2023 presso il Tribunale di Cassino e scaturito dall’omonima operazione di Polizia di Stato e Guardia di Finanza, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che nel maggio del 2022 sgominò un pericoloso sodalizio criminale autoctono che, nell’operare per il controllo del traffico della droga sul territorio, non disdegnava di ricorrere a veri e propri metodi camorristico-mafiosi – come rivelato dalle deposizioni rilasciate agli inquirenti dal “pentito” Giuseppe Basco, dagli investigatori ritenuto vicino al clan dei Casalesi-fazione Bidognetti -.

Recidivo e con precedenti a carico

La condanna occorsa a Roberto o finanziere, però, non è la prima che lo stesso riceve per fatti legati al traffico di sostanze stupefacenti. Nel mese di gennaio 2021, infatti, quando era ancora un militare della Finanza in servizio a Gaeta, fu beccato dagli agenti del locale commissariato della Polizia di Stato e dai suoi stessi colleghi della Guardia di Finanza di Formia, appostati per un servizio di controllo e contrasto alla vendita e uso di droghe, in località Torre di Mola mentre, con fare sicuro di chi si crede “un cittadino al di sopra di ogni sospetto” per la divisa indegnamente portata, cedeva una dose ad un assuntore. Tre mesi più tardi dall’arresto in flagranza di reato, il 23 marzo del 2021, “Monciccì” scelse il patteggiamento con condanna a un anno ed otto mesi e pena sospesa. Tornando così alla sua vecchia vita; non quella di basco verde in servizio alla Scuola nautica della vicina Gaeta della GdF, ma l’altra esistenza che doppiamente conduceva quando “serviva lo Stato” e nella quale impersonava il ruolo dello spacciatore per conto del sodalizio messo su da Carmina Fustolo e suo marito Italo Ausiello ( per inciso condannati, rispettivamente, a 14 anni ed 8 mesi e 13 anni e 9 mesi di reclusione). Una vita fatta anche e soprattutto di amicizie con nomi che tornano e ritornano nelle cronache giudiziarie dal Sud Pontino negli ultimi anni quali quello, giusto per citarne uno, di Giovanni “Gianni” Luglio” – agli arresti domiciliari in questi giorni per un’altra brillante operazione condotta dalla parte sana della locale Guardia di Finanza capitanata dal tenente-colonnello Luigi Galluccio su presunti crediti d’imposta fittizi e non dovuti -. Nomi tra i quali, basta scorrere le bacheche social di Roberto “El Chapo” De Simone, come per lo stesso Luglio e altri soggetti pregiudicati della zona, compare quello, ben più pesante, di una persona che, se è vero che non è implicato nelle vicende di polizia e giudiziarie dei suo amici/follower, appartiene a una nota famiglia di mala campana sulla quale, da un po’, l’antimafia di Roma e Napoli pare abbia riacceso i riflettori: Angelo Bardellino; ovvero il figlio di Ernesto e nipote di quell’Antonio forse ucciso in Brasile nel 1988 e fondatore del temuto clan casalese.

Il mistero della villa confiscata ai Bardellino, assegnata alla Scuola nautica della Finanza e dai baschi verdi mai occupata

Il nome di Angelo Bardellino e la sua conoscenza con il finanziere Roberto De Simone, in servizio alla Sezione navale della Guardia di Finanza di Gaeta prima dei suoi arresti e condanne per droga, ha instillato in noi più di qualche dubbio e più di qualche domanda su una strana assegnazione, proprio ai militari di Gaeta, di una porzione della villa confiscata e sequestrata alla famiglia Bardellino in via Giorgio La Pira e residenza dello stesso Angelo, del padre Ernesto e della madre. Corre l’anno 2021: quello del primo arresto e del patteggiamento del De Simone. Il 14 ottobre, in pompa magna presso il Palazzo Comunale di Formia, l’allora commissario prefettizio – subentrato alla “sfiduciata” sindaca Paola Villa – Silvana Tizzano, alla presenza dei vertici del Centro navale dei baschi verdi e in videocollegamento con il prefetto di Latina Maurizio Falco, annunciò la cessione decennale, in comodato d’uso assolutamente gratuito, alle Fiamme Gialle di due appartamenti appartenuti ai Bardellino per farne alloggi per i militari fuori sede in servizio proprio presso quel Centro navale che tra i suoi appartenenti vide l’infedele De Simone. L’assegnazione, inoltre, fu fatta in spregio all’allora vigente “Regolamento comunale per l’assegnazione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata nel comune di Formia” che non prevedeva, assolutamente, tra le finalità di destinazione d’uso dei suddetti beni, quello di farne appartamenti e abitazioni pur se per appartenenti alle Forze dell’Ordine; e così, mentre tra l’ignoranza di qualcuno che non si è letto le carte e l’interesse a star zitto di qualcun altro che poteva gonfiare il petto per questa “prova di forza” della legalità sull’illegalità di matrice camorristico-mafiosa, i Bardellino, forse, se la ridevano sotto i baffi pensando che quell’assegnazione non avrebbe scalfito di un solo millimetro la loro assurda posizione di occupanti di proprietà sulla carta dello Stato, nell’entità politico-giuridica-amministrativa del Comune di Formia, ma nei fatti nell’assoluta o quasi disponibilità a una famiglia alla quale sarebbero stati confiscati e sequestrati. Cosa che è puntualmente accaduta perché, a quanto abbiamo potuto verificare, i suddetti beni sono sì assegnati alla Guardia di Finanza-Sezione navale di Gaeta, ma praticamente non sono stati mai abitati da alcun militare e/o allievo della Scuola nautica delle Fiamme Gialle.

Un favore ai Bardellino?

A questo punto, legittimo è il sospetto, alla luce della conoscenza – social o no poco importa – tra Angelo Bardellino e non solo e il finanziere infedele Roberto De Simone, assegnato proprio a Gaeta, che quell’assegnazione possa essere stata niente altro che uno specchietto per le allodole che, lottando contro i mulini al vento, si battono per un’affermazione del bene contro il male camorristico sul territorio; in altre parole, un “favore” ai Bardellino che, nonostante tutto, in città godono ancora di appoggi e simpatie insospettabili. Assegnato alla GdF, infatti, addirittura per i prossimi dieci anni, quel bene resta nei fatti nella disponibilità dei Bardellino perché non potrà più essere assegnato, garantendo ad Angelo e famiglia di prendere tempo per condurre le proprie battaglie legali contro il Comune e contro lo Stato per provare, almeno in parte, a riavere quello che ritengono essere loro.

Dubbi, pensieri, sospetti ai quali, si spera, prima o poi, magari gli stessi colleghi che hanno stretto le manette ai polsi di Roberto ‘o Finanziere, possano dare una risposta per diradare ogni nebbia su comportamenti che, se voluti ma soprattutto provati, sarebbero di una gravità inaudita e il cui disvelamento potrebbe aprire squarci imprevisti ed imprevedibili nelle coperture, a tutti i livelli, delle quali hanno goduto e godono i parenti del fu Antonio fondatore del sanguinario clan di camorra dei Casalesi.

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